Boom delle spese per consumi tecnologici anche nella crisi: +190%. Tale successo della tecnologia non è solo una questione di numeri.
Il 13° Rapporto del Censis sulla comunicazione “I media tra élite e popolo” conferma il trend anticiclico dei consumi tecnologici in un decennio di lunga e profonda recessione. I numeri sono sorprendenti perché non solo non conoscono crisi ma svelano qualcosa di più sui consumatori.
Gli italiani hanno evitato di spendere su tutto, ma non sui media connessi in rete, perché grazie ad essi hanno aumentato il loro potere individuale di disintermediazione. Usare internet per informarsi, prenotare viaggi, acquistare beni e servizi, guardare film o partite di calcio, svolgere operazioni bancarie, ha significato spendere meno soldi o anche solo sprecare meno tempo: in ogni caso, guadagnare qualcosa. In sintesi: più investo in media connessi, più disintermedio, più risparmio.
Questo fenomeno rivela un importante risvolto sociologico: la fede nel potenziale di emancipazione delle comunità attribuito ai processi di disintermediazione resi possibili dalla rete. Si sta così radicando un nuovo mito fondativo della cultura web: la convinzione che il lifelogging, i dispositivi di self-tracking e i servizi di social networking potranno fornire risposte ai bisogni della collettività più efficaci, veloci, trasparenti ed economiche di quanto finora sia stato fatto.