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Viviamo nell'era della post-truth

  • Immagine del redattore: KB Knowledge
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  • 16 nov 2016
  • Tempo di lettura: 1 min

L’Oxford Dictionary ha decretato che la parola del 2016 è post-truth, neologismo ispirato dalla campagna presidenziale USA e dal quella per la Brexit.

Il termine POST-TRUTH «si riferisce a circostanze in cui i dati oggettivi sono meno influenti degli appelli a emozioni e credenze personali nel formare l’opinione pubblica». Potete consultare il breve video che segnala le altre parole prese in esame quest’anno: tutte assieme costituiscono un’interessante rassegna delle tendenze contemporanee.

La post-truth, in effetti ha deciso le due elezioni cruciali degli ultimi dodici mesi: il referendum britannico sulla Brexit e le presidenziali americane. Ma il fenomeno è ancora più ampio, va dalla politica alla società, dal pubblico al privato, dall'Occidente ai paesi emergenti. Domina il web, in particolare i social network, come sottolinea il mea culpa di questi giorni di Facebook e Twitter per eliminare o almeno ridurre la falsità dai propri post, ma dilaga anche su altri media, la tivù, i giornali.

Viviamo, insomma ai tempi del post verità, in cui il 44% della popolazione si informa tramite Facebook e in cui i social media spesso si trasformano in «camere dell’eco» nelle quali ciascuno cerca e trova solo conferme alle proprie opinioni. In queste camere non esiste la verità dei fatti perché ciascuno ha selezionato e riceve solo notizie con le quali concorda a priori. Per restituire all’opinione pubblica una più fedele e meno post veritiera rappresentazione del reale, ci auguriamo che ciascuno esca dalla propria bolla. Farlo è sgradevole e sono necessari coraggio, realismo e buonsenso, qualità rare ai tempi della post-verità.


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